La scienza ci insegna che il
colore non è altro che un’elaborazione visiva generata dai segnali nervosi che
i fotorecettori della retina inviano al cervello. La percezione visiva è quindi
creata a tutti gli effetti dal nostro cervello e, come tale, è capace di
provocare risposte emotive ed atteggiamenti psicologici diversi.
Perciò, quando pensiamo al
verde immaginiamo distese di diprati, le foglie sugli alberi rigogliosi, in
primavera, sotto uno splendido cielo azzurro. Azzurro. Azzurro come il cielo. Cosi
funziona la nostra mente. Tendiamo a materiallizare i concetti. Quando penso
all’Ametista, non posso non associare l’omonimo quarzo. Ma la straordinarietà
della mente umana sta anche nella capacità di creare e provare emozioni.
Abbandoniamo per un attimo i concetti che conosciamo, torniamo alle origini,
prendiamo ciò che sappiamo come una novità. Un approccio selvaggio, indigeno. Cosi,
senza percezione materiale, penso all’ametista. Penso ai colori rassicuranti
della sera, alla tranquillità metafisica. Ai profumi di fine estate, alle prime
pioggie settembrine. Ad una passegiata con felpa e costume in riva al mare, con
la brezza che sposta i capelli sul volto, a cavallo tra il giorno e la notte,
quando gli ultimi raggi fanno luccicare il mare di quella magica brillantezza.
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