Un dio che si lega ad una ninfa. Una
ninfa che non si concede. Un dio che che dopo il rifuto, colora le trasparenti
isometrie del cristallo in cui la ninfa si era trasformata per sfuggirgli. Il colore
del legame. Il colore Ametista.
Un colore enigmatico che porta dietro di sè nella sua
lunga storia, tra i più intriganti significati. Accostato all’ubriachezza, al
liturgico, al sacro e al profano. Il colore della bellezza e della femminilità
per molti artisti e stilisti. Se abbandoniamo la vista, Ametista è un colore caldo,
rassicurante, che puoi apprezzare in un tramonto estivo, quando l’aria è ancora
tiepida. Sa di buono. Un sapore fresco, il sapore di un pomeriggio in primavera.
Alla sera ti avvolge come una veste di seta, fresca e morbida sulla pelle, cosi
leggera mentre chiudi gli occhi e l’ascolti, ascolti il suo suono. Come una
melodia di archi che chiude l’arcobaleno di suoni alla fine di un concerto. Li trovi
Ametista. Li trovi la quiete.
”Caro Dio credevo che l’arancione stava male con il viola ma poi ho visto il tramonto che hai fatto martedì” [Bambino di 11 anni]
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