giovedì 29 dicembre 2016

~ Step 6 ~ Question of Science


Il violetto, ultimo colore percebile, ha una frequenza grande come i protozoi.

Abbiamo già parlato di come l’ametista sia entrata a far parte del culto popolare sin dai tempi antichi
di Greci e Romani. La pietra negli anni si ritaglia un ruolo importante in ambito religioso e non di meno in quello scientifico. Infatti, il violetto è l'ultimo colore ad alta frequenza visibile dello spettro percepito dall'uomo, cioè quello con la lunghezza d'onda più corta. I raggi ultravioletti (ultra, oltre il viola) infatti hanno lunghezza d'onda immediatamente inferiore alla luce visibile dall'occhio umano, e immediatamente superiore a quella dei raggi X. Proprio i colori percepiti dall’uomo, la luce e lo spettro elettromagnetico, sono stati oggetto di studi approfonditi per anni e continuano ad esserlo.




Newton comincia gli esperimenti sui colori e la luce nel periodo in cui, per sfuggire alla peste, si ritira nella casa di famiglia in campagna. A quell’epoca si pensava che i colori fossero un misto di luce e di ombra e che i prismi in qualche modo colorino la luce. Si procura un prisma triangolare e lo mette attraverso un raggio di sole. Nei loro esperimenti Cartesio, Hooke e Boyle avevano posto uno schermo vicino alla faccia del prisma da cui usciva la luce e avevano osservato un miscuglio di colori. Newton realizza che per ottenere uno spettro ben visibile, deve allontanare notevolmente lo schermo. Sfrutta tutta l’ampiezza del suo studio, dalla finestra al muro, per vedere proiettati tutti i colori separati. Ma per provare che non è il prisma a colorare la luce, Newton mette a punto un Experimentum Crucis, l’esperimento decisivo. Sul percorso del suo spettro mette uno schermo in cui ha tagliato un fessura sottile, in modo da far passare solo il raggio verde. Quindi fa passare questo raggio in un secondo prisma. Se il prisma colora la luce, allora il raggio verde deve uscirne di colore diverso. Il raggio invece rimane verde, non modificato dal prisma. Newton così dimostra che i colori sono le varie componenti della luce che il prisma semplicemente separa. Facendo passare tutto lo spettro attraverso il secondo prisma messo in modo opportuno, Newton riesce infatti a ricomporre il fascio di luce bianca.
Nel 1708 viene scientificamente riconosciuta come una varietà colorata di quarzo. Nel mondo l’ametista si rinviene soprattutto nelle cavità delle rocce basaltiche del Rio Grande Do Sul, Goias , Minas Gerais (Brasile) e in Uruguai (Artigas), nelle vene idrotermali del Messico (Vera Cruz e Guerriero), del Madagascar, in Namibia, nei graniti degli Urali, in India. Raro in Italia si può trovare in piccoli cristalli lucentissimi nell’area di Osilo (SS), in rarissime geodi piccole e tondeggianti nelle vulcaniti di Chiusa vicino a Bressanone, in vecchi esemplari rinvenuti nel granofiro di Cuasso al Monte (VA) ed in molte altre località ma sempre con quantitativi minimi ed esemplari legati ad un collezionismo di tipo “regionale”, come curiosità mineralogica. Affascinanti e rarissimi gli esemplari del massiccio di Monte Bianco (Mont Dolent, Aguille des ametistes) e quelli recentemente rinvenuti nelle fessure austriache. Il colore dell’ametista varia dal viola chiarissimo fino al porpora e il pregio è spesso legato alla maggiore intensità di colore.
L’ametista si sviluppa da un quarzo che presenta un tenore di ferro a partire da alcune dozzine fino a 350 ppm (parti per milione). Non basta però la presenza di ferro a provocare il colore viola in questo quarzo, si devono infatti verificare determinate condizioni affinché si sviluppi questa tinta.

Quando un quarzo sta cristallizzando può accadere che nei fluidi che trasportano la silice siano presenti degli altri elementi chimici ai quali viene permesso di sostituire alcuni degli atomi di silicio; in particolare nel nostro caso sono alcuni atomi di ferro (Fe3+) che vanno a sostituire gli atomi di silicio (Si4+) ma a questo punto abbiamo ancora un quarzo ialino: per variare il colore ed avere il viola sono necessarie delle radiazioni, in particolare i raggi gamma, in grado di modificare lo stato di valenza del ferro che viene ossidato a Fe4+ che forma un centro di colore viola origine del colore dell’ametista. I centri di colore sono strutturalmente “irregolarità” del reticolo cristallino in grado di modificare il regolare attraversamento di una sostanza da parte della luce, quindi assorbire gli altri “colori” e lasciare “passare” solo il viola. C’è da aggiungere che nell’ametista i centri di colore sono distribuiti irregolarmente all’interno di un cristallo, maggiormente concentrati parallelamente al romboedro principale, ed hanno anche una diversa resistenza agli agenti esterni quali luce e calore che ne possono modificare l’intensità, è stato provato che una geode di quarzo ametista brasiliana lasciata per tre anni alla luce diretta del sole perde completamente il suo colore, altre ametiste di altre località hanno diverse resistenze alla luce del sole così come al calore; alcune di queste perdite di colore possono essere restaurate attraverso irraggiamento con raggi gamma ma più spesso si ottiene il colore affumicato. Il trattamento con il calore può modificare il colore dal viola al giallo del quarzo citrino al verde della prasiolite, questo con un semplice riscaldamento entro i 400°C e molto spesso questo colore è irreversibile. Si è giunti alla conoscenza del meccanismo originario del colore dell’ametista grazie agli studi volti alla realizzazione dell’ametista sintetica, la quale si ottiene in presenza di ferro all’atto della cristallizzazione e successivamente sottoponendo il cristallo ad una esposizione di radiazioni tra i 2 ed i 6 Mrad che in natura equivalgono alla permanenza di 60 milioni di anni in una roccia di tipo granitico contenente minerali di potassio.
Gemme d'ametista con quantità di anni differente di esposizione alla luce (minore in centro).

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